Via D’Amelio, Vittorio Tutino invoca il diritto alla salute

Un agente della polizia penitenziaria ed un poliziotto che si occuparono di sorvegliare e scortare Vincenzo Scarantino e Francesco Andriotta hanno deposto oggi al processo quater per la strage di via D’Amelio in Corte d’assise a Caltanissetta. L’avvio di udienza è stato caratterizzato dalla ferma, ma civile, protesta di uno degli imputati, Vittorio Tutino che ha fatto “appello al mio diritto alla salute”. Rivolgendosi al presidente della Corte, Antonio Balsamo, l’imputato di strage ha detto di essere in attesa “da oltre un anno e mezzo di un intervento chirurgico. Ieri il medico dell’istituto di pena mi ha detto che l’intervento è stato annullato. I motivi sono ignoti”. La notizia ha colto di sorpresa anche la Corte che proprio ieri aveva trasmesso l’autorizzazione al ricovero di Tutino finalizzato ad effettuare l’intervento programmato. Per questo il verbale con la trascrizione dell’udienza è stato trasmesso alla direzione del carcere e al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria affinché tuteli il diritto alla salute di Tutino.

Sul pretorio, poi, sono saliti gli unici due fra i sei testi che erano stati convocati per oggi: Antonio Eliseo e Paolo Volpini. Il primo, ispettore di polizia penitenziaria, ha ricostruito il periodo di detenzione comune, a Busto Arsizio, di Vincenzo Scarantino e Francesco Andriotta, nel dicembre del 1992.

Scarantino1Scarantino, che non era ancora collaboratore di giustizia era sottoposto a sorveglianza “a vista” e, ha ricordato il teste, “per ogni suo spostamento all’interno de carcere era scortato. Le celle di Scarantino e Andriotta – ha detto – distavano cinque sei metri l’una dall’altra.

Le conversazioni teoricamente erano possibili ma avrebbero provocato relazioni di servizio da parte di chi stava nella guardiola posta fra le due celle”.

Il teste, che ha riferito di essere stato in servizio “per quattro turni” durante il periodo di detenzione dei due, ha sostenuto “non era possibile che Scarantino e Andriotta si incontrassero, nemmeno occasionalmente”.

Arnaldo La BarberaIn un primo momento Andriotta aveva dichiarato di aver ricevuto in quel carcere confidenze confessorie di Scarantino durante la detenzione comune. Interrogato nel 2009 dai Pm di Caltanissetta nell’ambito delle nuove indagini, l’ex pentito pugliese ha sostenuto che Scarantino a Busto Arsizio fu “certamente sottoposto a violenze fisiche” e che durante quel periodo di codetenzione “La Barbera mi propose di dichiarare di essere in possesso di informazioni che lui successivamente mi avrebbe fornito”.

Poi sul pretorio è salito l’ispettore di Polizia Paolo Volpini che ha raccontato le modalità con le quali veniva effettuato il servizio di scorta di Andriotta dal 1994 al 1996 e ha sostenuto di non aver mai ricevuto confidenze particolari dal parte dell’ex collaboratore di giustizia sulla vicenda Scarantino a parte la notizia “che era stato in carcere con lui”.

La Corte d’assise di Caltanissetta è chiamata a giudicare Vittorio Tutino e Salvino Madonia, accusati di strage, e Vincenzo Scarantino, Calogero Pulci e Francesco Andriotta accusati di calunnia.  Il processo riprende il 22 ottobre con il controesame di Salvatore Candura, il falso collaboratore di giustizia che tirò in ballo Scarantino accusandolo di essere il ‘mandante’ del furto della Fiat 126 usata come autobomba, e per questo di recente condannato a 12 anni per calunnia con il rito abbreviato.

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