“Cosa nostra cercava ‘contatti’ già nell’agosto del 1991”

Il pentito Giovanni Brusca racconta come si attivò personalmente

Totò Riina, l’allora latitante capo di Cosa nostra, già alla fine di agosto o all’inizio di settembre del 1991 aveva confidato a Giovanni Brusca che ogni speranza di `aggiustamento’ del maxi processo in Cassazione era perduta. Lo ha accertato la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia che, come è noto, ha i poteri dell’autorità giudiziaria.

“Tramite Salvatore Riina – racconta Giovanni Brusca, il boss mafioso che ora collabora con la giustizia ma che in passato, fra le varie atrocità compiute, fece detonare l’esplosivo che fece strage a Capaci il 23 maggio del 1992 – e poi noi avevamo la conferma, il riscontro di mio fratello Emanuele” che tramite un amico di quest’ultimo aveva fatto sapere, “che la Cassazione doveva andare male”. Cosa che, in effetti, avvenne il 30 gennaio del 1992. Sarebbe stato allora che Riina, avrebbe deciso di eliminare i “nemici”, “i giudici Falcone e Borsellino, il questore di Palermo, Arnaldo La Barbera, il dirigente del commissariato di Castelvetrano, Calogero Germanà” e Antonio Manganelli” e “gli amici che facevano politica per conto loro”.

Proseguendo nel suo racconto citato dall’Antimafia, Brusca dice che a quel punto “Salvatore Riina ci lascia liberi, cominciamo a vedere quale santo pregare oltre a quelli che noi fino al giorno prima, il mese prima avevamo pregato, quale l’onorevole Lima, cioè nel senso dei Salvo, per quelle che erano le nostre conoscenze, la mia era una strada, mio fratello ne aveva un’altra. A un dato punto – continua Brusca – ci lascia liberi e noi cominciamo ad attivarci per vedere quello che c’è da fare. Siamo ad Agosto… ci cominciamo ad attivare per cercare contatti, con personaggi che potevano darci una mano di aiuto, se potevano darci una mano di aiuto e ho contattato quelle persone che ho menzionato poco fa…”.

Sempre Brusca, durante l’interrogatorio davanti ai giudici di Firenze, spiegò che tutti i ‘verdetti’ di morte erano già stati decisi nel 1991 da Riina ma per `eseguirli’ si attese la decisione della Cassazione per evitare che il giudizio negativo venisse imputato alle azioni cruenti già programmate. Forse era questo quello di cui Vito Ciancimino, chiedendo con la lettera del 26 ottobre 1992 all’antimafia di ascoltarlo, voleva parlare.
Nei giorni scorsi, il consulente informatico Gioacchino Genchi che affiancò la procura di Caltanissetta nelle indagini per le stragi di Capaci e via d’Amelio, ha parlato di contatti telefonici, nel 1991, fra Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco di Palermo, e utenze riservate della presidenza del Consiglio, e dei ministeri dell’Interno e della Giustizia. Dopo queste affermazioni Genchi è stato immediatamente convocato dai Pm di Caltanissetta.

Quale sia stata la sorte dei ‘contatti’ cercati da Brusca e soci, non è noto. Nel 1992, però, venne sparso molto sangue innocente da parte di Cosa nostra. Poi, dopo luglio, Cosa nostra avrebbe messo in atto un diverso disegno criminale, come ha rilevato la Corte d’assise di Firenze. Riina venne arrestato nel gennaio 1993. Fra il 14 maggio ed il 7 luglio 1993 la mafia colpì il patrimonio artistico nazionale a Roma, Firenze e Milano provocando, anche in questo caso, morti innocenti. Poi tutto si fermò.
Cas
261243 ott 09

Senato della Repubblica – Pag.829 – Camera dei deputati
XIV LEGISLATURA – DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI – DOCUMENTI

La ricostruzione della vicenda proposta dai PM appariva forzata alla Corte in ragione di due notazioni fondamentali. Secondo quanto riferito da Giovanni Brusca, Riina gia` alla fine di agosto o all’inizio del mese di settembre del 1991 aveva confidato al propalante che ogni speranza di «aggiustamento» del maxiprocesso era perduta: «Tramite Salvatore Riina e poi noi avevamo la conferma, il riscontro da parte di mio fratello Emanuele con l’amico suo Rino Lo Nigro, che la Cassazione doveva andare male. Al che quando noi, Salvatore Riina ci lascia liberi, cominciamo a vedere quale santo pregare oltre a quelli che noi fino al giorno prima, il mese prima avevamo pregato, quale l’Onorevole Lima, cioè  nel senso dei Salvo, per quelle che erano le nostre conoscenze, la mia era una strada, mio fratello ne aveva un’altra. A un dato punto ci lascia liberi e noi cominciamo ad attivarci per vedere quello che c’e` da fare. Siamo ad agosto.. ci cominciamo ad attivare per cercare contatti con avvocati, con personaggi che potevano darci una mano di aiuto, se potevano darci una mano di aiuto, e abbiamo contattato con quelle persone che ho menzionato poco fa, l’avvocato Lapis, l’avvocato Franz Maria Russo..».

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