Borsellino, De Gennaro svela i pentimenti di Mutolo e Ilardo

Particolari inediti sull’inizio della collaborazione di Gaspare Mutolo e del confidente Luigi Ilardo, ma anche sui rapporti personali fra Gianni De Gennaro Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono stati al centro della lunga deposizione dell’ex capo della polizia al processo Borsellino quater in corso in corte d’assise a Caltanissetta.
La notizia della volontà di collaborare con la giustizia dell’uomo d’onore della famiglia mafiosa di Partanna-Mondello, risale al dicembre 1991. “Fui informato da Giovanni Falcone, che era andato a sentire Mutolo al Carcere di Spoleto. Falcone, che era già in servizio al ministero di grazia e giustizia – ha ricordato De Gennaro – mi disse di aver indicato in Paolo Borsellino e in me le persone di cui poteva fidarsi. Alcuni giorni dopo questo episodio, fui chiamato da Giammanco che era stato informato informalmente da Falcone di questa intenzione di Mutolo di collaborare e della diffidenza dello stesso boss verso i magistrati di Palermo ad eccezione di Paolo Borsellino”.
Nel corso di quella telefonata con De Gennaro Giammanco avrebbe sottolineato la correttezza dei magistrati palermitani e l’intenzione, in ogni caso, di raccogliere le dichiarazioni di Mutolo.
“A gennaio 1992 – ha ricordato – autorizzato dalla Procura di Civitavecchia andai al centro medico di Pisa per parlare con Mutolo, poi andai a Palermo da Giammanco, ed era presente anche Borsellino che in quel momento apprese la notizia, e dissi che Mutolo voleva collaborare, ma in forma riservata”. Dopo una serie di contatti con il procuratore di Civitavecchia, Lo Iacono, al quale venne chiesto un aiuto per creare le condizioni ottimali per incontrare Mutolo, a maggio 1992, ci fu il primo interrogatorio del neo collaboratore di giustizia davanti al capo della Procura di Firenze, Pier Luigi Vigna.
“Avevo incontrato Borsellino negli uffici della Dia il primo luglio 1992” ha detto poi De Gennaro. “Andai a salutarlo ed era con il dottor Aliquò. Borsellino mi disse:‘mi devo sbrigare perché ho un appuntamento con il capo della Polizia Parisi’”.
“L’ultima volta che ho incontrato Paolo Borsellino – ha ricordato poi De Gennaro – fu il 16 luglio 1992, a pranzo a Roma durante una pausa dell’interrogatorio di Mutolo. Fu lui a chiedermi di vederci e mi spiegò che come procuratore aggiunto era competente per un territorio diverso da quello di Palermo e rischiava di non poter più continuare a interrogare Mutolo nonostante il collaboratore di giustizia volesse parlare con lui. Se non ricordo male quel giorno c’erano già stati contrasti perché pareva che Borsellino non potesse continuare a sentire Mutolo”.
Proseguendo nella deposizione De Gennaro ha poi detto che, quasi certamente Borsellino quel giorno gli chiese di parlare con il procuratore capo, Pietro Giammanco. “Io telefonai a Giammanco, credo proprio dopo quella conversazione: si pose il problema e chiamai il procuratore di Palermo”. Il teste ha poi ricordato come, però, il 18 luglio, sentendosi per telefono “Borsellino, che era a Palermo, mi comunicò che i problemi erano stati risolti ed era co-assegnatario dei fascicoli”. Della decisione di Giammanco di co-assegnare a Borsellino le indagini su Palermo, aveva parlato la vedova del magistrato assassinato il 19 luglio 1992 in via D’Amelio, riferendo però di una telefonata giunta al marito, la stessa mattina della strage.
Sollecitato dai Pm, De Gennaro si è poi soffermato a parlare dell’inizio della collaborazione del boss Luigi Ilardo. “Fui contattato da Ilardo, che era detenuto credo a Pianosa, che mi disse che aveva ancora un breve periodo di detenzione e che se fosse stato aiutato, e tolto dal regime del 41 bis, avrebbe potuto essere da noi utilizzato in una attività investigativa come informatore. Riflettemmo in ufficio su questa opportunità – ha detto De Gennaro – e furono adottate iniziative utili per aderire alla sua richiesta. Scrivemmo al Ministero della giustizia e Ilardo fu prima trasferito e poi sottratto al 41 bis. Quello fu l’unico caso in cui il mio ufficio chiese di togliere il 41 bis” ha sottolineato De Gennaro evidenziando di non aver mai sentito parlare di trattativa o di tentativi di ammorbidire il carcere duro. “Ricordo solo che ci fu una sentenza della Corte costituzionale che invitava ad un maggiore attenzione nell’uso del carcere duro da applicare solo a chi fosse persona di spicco o pericolosa”.
Nel corso della deposizione De Gennaro ha anche ricordato come la sera del fallito attentato all’Addaura, si trovasse con Giovanni Falcone. “Quella volta – ha detto il teste rispondendo alle domande del difensore di Salvino Madonia, l’avvocato Flavio Sinatra – verosimilmente parlammo di una strategia complessiva della mafia che vedeva connessioni con centri di potere occulto”.
Prima di De Gennaro, sul pretorio, aveva deposto Francesco Gratteri che aveva raccontato le prime tappe della collaborazione di Mutolo e delle confidenze fatte da quest’ultimo agli investigatori che gli stavano più vicini. “Lui – ha detto Gratteri – fece diversi riferimenti ad ambienti giudiziari, e parlò del giudice Signorino; per quanto riguarda le forze dell’ordine fece riferimento a Bruno Contrada e ad altri.
Sul pretorio subito dopo sono saliti il prefetto Luigi Rossi che ha riferito della visita di Borsellino al prefetto Parisi, e poi il funzionario Dia, Domenico Di Petrillo, che ha ricordato come Borsellino, tornando dal ministero non fosse sereno. Il processo prosegue l’11 marzo.

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