Borsellino-quater, sfilano gli uomini dei Servizi senza segreti

I servizi segreti civili italiani “sfilano” al processo quater sulla strage di via d’Amelio in corso in Corte d’assise a Caltanissetta e confermano che il loro apporto alle indagini sulle stragi del 1992 fu pari al nulla.

Il primo a salire sul pretorio è stato Luigi De Sena, già senatore Pd, e direttore dell’Unità Centrale Informativa (Uci) del Sisde dal 1985 al 1993. “Indagini sulle stragi Falcone e Borsellino? Il mio ufficio non raccolse notizie utili, non abbiamo trasmesso alcuna informativa all’autorità giudiziaria” ha detto il teste rispondendo alle domande del Pm nisseni.

De Sena ha quindi detto di non essere a conoscenza della presenza di uffici Sisde al castello Utveggio di Palermo e nemmeno di possibili collegamenti fra il servizio segreto civile e i centri Gladio di Trapani: “Non ne sono a conoscenza ma non rientravano nella mia competenza”. Dopo aver risposto ai Pm che gli chiedevano se conoscesse Vincenzo Pitino (“Mai sentito dire”), il pentito Francesco Elmo (“mai sentito”) e l’ex carabiniere ausiliare divenuto di fatto capo scorta di Giuseppe Ajala, Roberto Campesi (“qualcosa mi dice, ma non ricordo”) De Sena si è soffermato a parlare dell’agente Emanuele Piazza scomparso nel nulla nel marzo del 1990. “Era intelligente e aveva una gran voglia di lavorare nella cattura dei latitanti. Lo incontrai all’hotel delle palme di Palermo, se non ricordo c’era il capo centro Santantone o il vice, Grignani. Quando scomparve – ha detto – ci restai molto male e lo presi come un mio errore di valutazione. Ricordo che ne parlai con Arnaldo La Barbera e fui molto insistente chiedendogli di dare un maggiore impulso alle indagini”.

I rapporti fra De Sena e l’agente segreto Rutilius, al secolo Arnaldo La Barbera, hanno occupato gran parte della deposizione del teste. “Ci siamo conosciuti quando lui era a Venezia ed è nata un’amicizia che si è consolidata nel tempo. L’amico Arnaldo – ha spiegato – era un personaggio che difficilmente si lasciava andare a confidenze”. Fra l’86 e il 1988 fra l’Uci di De Sena e La Barbera, che era a capo della Mobile di Venezia, si instaura un rapporto: “Riguardava vicende veneziane. Quando nell’88 La Barbera va a Palermo – precisa De Sena – cessa il rapporto”.

Durante le indagini sulle stragi “La Barbera era spesso a Roma per riferire al capo della polizia – ha detto – e andavamo a cena insieme. Ricordo che esaltava i momenti significativi e diceva che andava verso la soluzione del caso grazie al pentimento di Scarantino. La Barbera aveva rapporti con i Pm Boccassini e Cardella e non mi ha mai parlato di contrasti. Io – ha aggiunto – non ho mai percepito nessuna sua perplessità sulle indagini sulla strage di via D’Amelio, ma non era l’argomento principale delle nostre conversazioni…”.

Rispondendo ai Pm che gli chiedevano notizie sulle indagini circa il fallito attentato all’Addaura ai danni di Giovanni Falcone nel 1989, De Sena ha detto di ricordare di aver saputo da La Barbera che fu lui a constatare personalmente “che il dottor Ignazio d’Antone non c’era, nonostante la sua presenza fosse stata segnalata dal maresciallo Tumino. La Barbera si assunse la responsabilità di dire che non c’era mentre i magistrati volevano assolutamente emettere un mandato di cattura per D’Antone”.

Assente per motivi di salute l’ex capo centro del Sisde di Palermo Andrea Ruggeri, la Corte ha ascoltato, a porte chiuse, un altro agente dei servizi segreti. Le precauzioni di segretezza adottate sono state ben più rilevanti delle dichiarazioni del teste. In precedenza era stato sentito anche un funzionario del Cerisdi, Vincenzo Paradiso che ha escluso la presenza di uomini e mezzi tecnologici del Sisde nella sede del centro di alta formazione di Palermo, così come ha escluso l’ipotesi di traslochi frettolosi dopo la strage di via D’Amelio.

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