L’agenda rossa fra illazioni e opinioni personali

Un filone delle nuove indagini sulla strage di via D’Amelio condotte dalla Procura di Caltanissetta dovrebbe riguardare anche la scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino il cui caso è stato definito dalla Cassazione con un nulla di fatto. Se è un mistero la scomparsa dell’agenda rossa, è un mistero anche il contenuto reale della stessa. Atteso che nessuno, fra coloro che avrebbero potuto leggere direttamente cosa c’era scritto, ha mai riferito, in lunghissimi 19 anni, alcunché di concreto. Deponendo a Caltanissetta il 23 marzo del 1995 al processo bis per la strage, la vedova di Borsellino, Agnese Piraino Leto, disse: “Era un’agenda che lui non lasciava mai, portava sempre con sé e segnava tutto: incontri, impegni di lavoro; però quest’agenda non si trova. Era con (lui)… io l’ho vista, perché a pranzo l’aveva nelle mani ed aveva segnato nell’agenda i prossimi appuntamenti che avrebbe dovuto avere nella settimana successiva”. E poi ha aggiunto: “Lui metteva le sue cose nella borsa e non la lasciava mai, la portava sempre con sé, tanto che io, scherzosamente, dicevo: ‘Guarda, mi sembri Giovanni Falcone’, che ovunque andava portava con sé la borsa con le sue cosine, e lui da un po’ di tempo faceva la stessa cosa, camminava sempre con questa borsetta dietro, dove portava questa famosa agenda rossa che era l’agenda che gli avevano regalato i Carabinieri”. Quindi, ha ribadito che su quell’agenda “Tutto segnava; tutto. Tutto quello che lui aveva fatto, che avrebbe dovuto fare…”. Poi l’interrogatorio della vedova, condotto dal Pm Annamaria Palma prosegue così: “P.M. dott.ssa PALMA: – Ma esisteva un’altra agenda dove il dott. Borsellino annotava anche i suoi spostamenti? TESTE PIRAINO A.: – Questa, sempre quest’agenda rossa. P.M. dott.ssa PALMA: – Non ne teneva nessuna nella sua abitazione? TESTE PIRAINO A.: – No, no, niente, no, no, non aveva nulla, solo questa”. Poi su domanda del Pm, Carmelo Petralia chiarì: “Io non posseggo niente; c’ho un’altra agenda, ecco, dove c’è scritto qualcosa: le sue spesucce, ciò che lui aveva già fatto, ecco; posso darle…” una agenda grigia. Nonostante questa chiara deposizione della moglie di Borsellino che, certamente avrebbe potuto conoscere il contenuto degli appunti redatti dal marito ma, evidentemente, non li conosceva, la scomparsa dell’agenda rossa è stata tramandata di bocca in bocca a via di suggestivi slogan che riproponevano, rispettabilissime, ma personalissime, opinioni del tipo “conteneva i segreti della Repubblica” o “svelava i segreti sulle origini della nostra Seconda Repubblica” o ancora “il libro nero della Repubblica”. Poi è stata anche evocata in un paio di libri di successo (uno è pure sul web), che raccontano, per sommi capi (poiché, tutti, per ignoti motivi, ritengono non degni di citazione gli incontri avuti dal magistrato con i carabinieri del Ros che indagavano su Mafia e Appalti ndr.), gli ultimi giorni di Borsellino, utilizzando un’agenda, quella di colore grigio (acquisita agli atti del processo di Caltanissetta), nella quale il magistrato segnava tutti i suoi appuntamenti, gli incontri, gli spostamenti, i mezzi utilizzati, e financo le spese familiari. In un libro si cita pure una dichiarazione del fedele collaboratore di Borsellino, il tenente Carmelo Canale, che il luglio 2002 disse all’Ansa che “la verità sulla morte di Borsellino sta nella sua agenda, un’agenda rossa dell’arma dei carabinieri che gli aveva regalato un militare e sulla quale il giudice scriveva tutte le cose riservate… In quell’agenda, ne sono sicuro, c’era anche la verità su chi e perché aveva ucciso il giudice Falcone”. Quali siano le verità, però, Canale non dice, perché, probabilmente, non sa. Anche la sorella di Borsellino, Rita, il 20 dicembre 2005 disse che “in quell’agenda, secondo me, c’è scritto il motivo per cui Paolo è stato ucciso”. Sensazioni, opinioni, dunque, quelle della sorella. “Lui teneva sicuramente – ricordò il Pm Antonio Ingroia interrogato come testimone al processo di Caltanissetta – un’agendina tascabile, e poi aveva due agende che teneva in borsa: un’agenda marrone, credo che fosse l’agenda legale, e un’agenda rossa, che era quella dei Carabinieri, che gli veniva omaggiata ogni anno. Però che cosa usasse annotare, cioè se vi fosse una differenziazione di annotazione nell’una o nell’altra agenda, nelle varie agende, non lo so, tranne, appunto, se non ricordo male, è quella tascabile quella che lui mi esibì con degli… mi pare, insomma, non ricordo benissimo, comunque non so se vi fosse una differenziazione delle annotazioni fra le varie agende”. Non c’è nessuna concreta indicazione, insomma, che possa suffragare le apodittiche affermazioni che hanno trasformato, mediaticamente, il contenuto di quell’agenda rossa in una sorta di Vangelo. L’unica cosa certa, concreta e reale, è che quell’agenda rossa è scomparsa. E questo è un fatto grave. E se è stata rubata, ovviamente, è gravissimo. E i colpevoli vanno individuati e perseguiti severamente. Sul reale contenuto dell’agenda rossa, però, salvo un improbabile ritrovamento – e a meno di una estensione del recente morbo di “memoria di ritorno” che ha colpito alcuni dei protagonisti politici dell’epoca –, dovremo continuare ad accontentarci di ascoltare illazioni indimostrabili.

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